Dopo Berlusconi, il Dilemma del Centro

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L’avvenire della politica italiana ed europea sarà influenzato dalla morte di Berlusconi, ma in che senso è difficile dire.

L’improvviso decesso di Silvio Berlusconi, benché non del tutto inatteso – la sua malattia è stata nascosta per due anni – apre prospettive inattese per la politica italiana e in parte anche europea. È impensabile che l’imprenditore e politico non abbia pensato al dopo: eppure, agiva come se fosse immortale. Allo stato, non c’è altro suo successore, specie in prospettiva europea, che il ministro degli esteri e vicepremier Tajani: i vari Alfano, Toti, Fini sono stati accantonati prima che potessero fargli ombra. La stessa Forza Italia, essendo un partito personale, rischia così di dissolversi, e diviene l’oggetto delle brame di quanti vorrebbero spartirsene le spoglie. I primi, commossi commenti di Matteo Renzi, che sin dall’inizio della propria avventura politica aspettava solo questo, non lasciano dubbi in proposito.



L’avvenire della politica italiana ed europea, per non parlare dei suoi rapporti personali con Putin, saranno fatalmente influenzati dall’evento: ma in che senso è difficile dire. Quanti vorrebbero sostituire Berlusconi – oltre a Renzi, menzioniamo almeno i leader leghisti del Nordest e la stessa Meloni – si trovano infatti dinanzi al Dilemma del Centro (d’ora in poi DC, acronimo scelto non a caso), che lui stesso, con la sua politica mediatica, ha contribuito a innescare. Il Dilemma consiste in questo: da un lato, occupare il centro risulta sempre più determinante, per decidere fra destra e sinistra più o meno equivalenti nell’opinione; dall’altro, dirsi di centro non attrae più. Sino alla discesa in campo di Berlusconi, grazie al suo impero mediatico, le elezioni le si vinceva al centro: chi lo occupava, come aveva fatto per cinquant’anni la Democrazia cristiana, era sicuro di vincere. Dopo, grazie anche alle leggi elettorali (più) maggioritarie, non è più stato così.

Non solo in Italia, ma nel resto del mondo occidentale, l’elettorato s’è polarizzato: tutti i tentativi di ricostruire un Grande Centro sono falliti, tranne che su scala europea, e anche qui solo in virtù del sistema elettorale proporzionale; ma se mai riuscissero i tentativi della Meloni di coalizzare una maggioranza di destra europea, rischierebbero di fallire pure lì. La televisione, che Berlusconi padroneggiava in senso letterale, s’è ibridata con internet e lì, come mostrano i suoi incerti approcci a Tik Tok, il richiamo del Centro s’è vistosamente affievolito. Del resto, le conseguenze della globalizzazione, l’aumento delle disuguaglianze, le migrazioni e le altre emergenze, spingerebbero comunque alla radicalizzazione dell’elettorato.



Personalmente, non ho mai creduto che Renzi riuscisse ad appropriarsi dell’eredità di Berlusconi: troppo scoppiettante e ondivago anche per quell’elettorato lì. Salvini sembra in difficoltà a tenere il controllo della Lega, figurarsi attrarre gli elettori di Forza Italia; questi potrebbero al massimo convergere su leader moderati, tipo Zaia e Giorgetti, o su una Meloni ormai abbastanza rassicurata sul proprio carisma da rinunciare – finalmente! – alle suggestioni del suo cerchio magico post-neo-fascista.
Se il sottoscritto fosse mai un consigliere di quell’area politica – ma essendo un liberale di sinistra, lungi da me – suggerirei questo rimedio, al Dilemma del Centro. Inventatevi un leader mediatico, simpatico, vicino alla galassia Mediaset, che richiami immediatamente Berlusconi ma aggiornandolo alle esigenze della comunicazione del Terzo Millennio, e puntate su di lui. Ma chi? Sul momento, non mi viene in mente niente di meglio che Piersilvio e Marina: che di cognome fanno Berlusconi, però.



Foto Flickr | European People’s Party