La classe operaia non c’è più: serve un nuovo paradigma attorno al lavoro precario

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«Credo che la parola magica "lavoro", che figura fin dal primo articolo della Costituzione, vada ripensata in chiave critica».

Prima dell’orribile disegno di legge sull’autonomia differenziata, Roberto Calderoli si era reso già responsabile di una quantità notevole di cose orribili. Fra queste, indimenticabile è quella che in un certo senso ha fatto fare il salto al rapporto fra società e politica: la sua legge elettorale ha alterato in modo così fondamentale la trasformazione dei voti in seggi che ne è risultato fuori un panorama falsificato.



Purtroppo, questo errore è stato proseguito anche dopo, perché le leggi elettorali successive e particolarmente l’ultima con cui abbiamo votato, l’orrendo Rosatellum, è quasi ancora peggio del Porcellum e altera il rapporto tra voti e seggi in maniera ancora più incisiva. Questo cosa vuol dire? Vuol dire, purtroppo, che si è chiusa la porta di comunicazione tra la società e la rappresentanza politica, perché la rappresentanza politica non è più quella che sarebbe espressa dal voto se questo avvenisse secondo il criterio proporzionale: l’unico criterio che determina il rispetto effettivo della volontà dell’elettorato.

Purtroppo, siamo in una situazione in cui oramai ci siamo quasi abituati al fatto che c’è questa distinzione di fondo fra società civile e politica; in un certo senso, ci siamo adattati al fatto che la società civile, bene o male, è non dico contenta, ma abbastanza soddisfatta di quello che riesce a fare; e fa un sacco di cose meravigliose, dal volontariato alla mobilitazione, al lavoro, alle iniziative sociali. C’è un ventaglio notevolissimo di iniziative della società civile. Però, purtroppo, tutta questa ricchezza non ha rappresentanza politica, non si trasforma in rappresentanza politica e quindi la porta del Parlamento sostanzialmente è chiusa; se non vogliamo dire chiusa, diciamo socchiusa. Lo dimostra il fatto stesso che abbiamo enorme difficoltà a ottenere la cancellazione dell’autonomia differenziata, perché non ci sono le forze materiali che lo possono fare da dentro il Parlamento; non ci sono da anni. L’ostruzionismo parlamentare non esiste più, anche per iniziativa del centro sinistra, perché bisogna ricordare, purtroppo, che quello che ci sta capitando è quasi tutto prodotto dal centrosinistra. La riforma del titolo V della Costituzione, che è all’origine di questa riforma, l’ha fatta il centrosinistra. E lo stesso dicasi per il vincolo determinato dall’accordo quadro Stato-regioni, che è una cosa pericolosissima come tanti denunciano. Il vincolo impedisce al Parlamento di esprimere un parere attraverso la discussione; il parlamento può soltanto ratificare o bocciare e quindi sostanzialmente, allo stato attuale, l’autonomia differenziata esiste già, è già salvaguardata. Ben protetta dal fatto che gradualmente si toglie terreno al Parlamento. Noi questa cosa abbiamo enorme difficoltà a interromperla perché non c’è la forza materiale in Parlamento per riuscire a rovesciarla. Quindi ci dobbiamo chiedere: che cosa si può fare d’ora in poi?
Credo che la parola magica “lavoro”, che figura fin dal primo articolo della Costituzione, vada ripensata in chiave critica. Fino a che dietro a tutti noi esisteva un’ampia, consapevole collettività di una classe operaia solida, anche quando non si mobilitava, il solo fatto che fosse lì determinava nella società un’atmosfera di concordia progressiva e di capacità e di fiducia di iniziativa. Oggi per dirla con uno slogan la classe operaia, come c’era una volta, non c’è più. Al posto della classe operaia c’è il lavoro precario. Allora il vero problema atroce che abbiamo è quello di riuscire a riparare, a ridiscutere, a ricostruire una fondamentale centralità del lavoro partendo da quello che c’è in realtà, cioè dal lavoro precario. Si tratta di rovesciare completamente un paradigma. È una cosa difficilissima, ma se non si fa questo, non abbiamo più al nostro centro, né alle nostre spalle né davanti a noi un orizzonte cui poter guardare con ottimismo. Bisogna scegliere: bisogna darci questo orizzonte. Però non c’è niente da fare: se non riusciremo a tradurre il lavoro precario in forza generale del lavoro, il nostro futuro sarà molto, molto difficile. Viva la Costituzione.