Un e-book e un film per raccontare con parole e immagini il cammino fatto da migliaia di invisibili che, seguendo la Rotta balcanica, attraversano nel silenzio il confine dai boschi di Trieste per raggiungere altre mete europee. È un flusso che aumenta in modo costante e che è meno conosciuto e documentato delle storie di mare e di barconi con a bordo gente disperata alla ricerca di una vita più decente. La stessa necessità, la stessa condizione di chi scappa per via di terra da guerre, persecuzioni, povertà e calamità naturali.
I migranti passano per i boschi in silenzio, quasi dei fantasmi, dopo aver attraversato i confini di Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Croazia. Molti di loro si sono affidati a trafficanti di uomini, talora hanno conosciuto respingimenti, torture, si sono fermati nei campi profughi. Strutture che si chiamano Lipa, distrutta da un incendio alla vigilia dello scorso Natale lasciando a lungo quasi mille profughi senza riparo tra neve e gelo, Vucjak, chiuso e smantellato: oltre mille persone vi hanno vissuto a lungo in condizioni disumane, Velika Kladuša, ormai smantellato, Miral, Bihać e ce ne sono molte altre. Per questa gente Trieste è la porta d’Europa; da lì, molti di loro proseguono il viaggio preferibilmente verso paesi come la Germania, la Francia, la Spagna.
Film e e-book, si diceva all’inizio. Edito da Marietti, La porta d’Europa. Il confine italiano della rotta balcanica, è opera di Mauro Caputo e Donatella Ferrario, giornalista presso i periodici San Paolo, per anni attiva sul fronte della critica cinematografica come caporedattrice di testate online. L’opera si snoda in dieci brevi capitoli con immagini tratte dal film. Uno di essi è The game, come veniva chiamato “il superamento della frontiera tra Bosnia e Croazia e ora divenuto un triste appellativo esteso anche alle frontiere tra Croazia-Slovenia e Slovenia-Italia. The Game: in cui si rischia la vita – per la pericolosità del percorso, per le precarie condizioni fisiche. The Game: in cui si subiscono abusi e violenze soprattutto in terra croata”. Di fatto, scrivono gli autori: “indietro non si può tornare”. Il libro racconta che gli autori del film hanno percorso per un anno e mezzo quasi ogni giorno le piste del Carso triestino per ripercorrere i passi dei migranti. Ciò è avvenuto senza trovare mai controlli malgrado le centinaia di sconfinamenti. “Siamo sempre passati indisturbati, non abbiamo mai incontrato alcun genere di ostacolo” e ancora: “La sensazione è che questi mancati controlli siano in un certo senso ‘voluti’ e questo passaggio in qualche modo ‘tollerato’”. Forse anche in considerazione del fatto che, come già precisato, la maggior parte di queste persone decide di proseguire per altre destinazioni europee. Sono i protagonisti del fenomeno migratorio che il sociologo algerino Abdelmalek Sayad, citato nell’e-book, definisce “fatto sociale totale” e in riferimento alla figura del migrante parla di “doppia assenza”: “Una è l’assenza dell’immigrato dalla propria patria, l’altra è l’assenza dell’emigrato nelle cosiddette ‘società d’accoglienza’, nelle quali è incorporato ed escluso al tempo stesso”. Una presenza, quella dell’immigrato, sempre caratterizzata, secondo Sayad, da uno stato di incompletezza esistenziale che si può intuire con senso di umanità ma che è comprensibile appieno solo per chi vive quest’esperienza sulla propria pelle.
Mauro Caputo, Donatella Ferrario, La porta d’Europa. Il confine italiano della rotta balcanica, Marietti editore, 2021, pag. 20
No borders. Flusso di coscienza, Una coproduzione VOX Produzioni e A_LAB Production Regia: Mauro Caputo Direttore della fotografia: Daniele Trani Produttori esecutivi: Federica Crevatin e Debora Desio Musiche e sound design: Francesco Morosini Montaggio video: Mattia Palomba, durata: 65 minuti, 2020.