Se all’improvviso questa vita non calzasse più

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"Forse un altro” non è un libro inquadrabile nei vari generi in voga, perché li sconquassa tutti con la perizia di chi conosce bene la narrazione.

«Immagina di svegliarti di soprassalto in una vettura di seconda mano guidata a folle velocità da uno scontroso sconosciuto lungo una ripida mulattiera.
Non conosci il guidatore, non sai perché sei lì, ignori verso dove sei diretto.
L’unica certezza è che il viaggio rischia di risultare molto breve e assai doloroso».
Forse un altro, uscito per Arkadia, è il primo romanzo di Michele Zatta, dirigente Rai. La vicenda è narrata in prima persona da Mike Raft, che troviamo subito alle prese con un sogno. Chrissie, la donna della sua vita, la persona con cui ha vissuto la relazione che ha dato un senso ai suoi giorni, si è materializzata nel suo appartamento. Il problema è che con Chrissie è ormai finita da un pezzo e se i sogni ci rivelano molto del nostro inconscio, Mike è convinto di non avere molte più chances con lei. Quando la scena svanisce e lui crede di essere rimasto solo, compaiono figure allineate che rappresentano i suoi pensieri. E non sono pensieri rassicuranti:



«Ossequi, mio signore, sono il pensiero del tuo fallimento sentimentale. Ti accompagno fedelmente da 9 mesi e 17 giorni, ma già prima albergavo nel tuo animo come paura recondita. Sono il tuo prediletto e infatti non ti separi mai da me neanche quando dormi».
Questo libro non è inquadrabile nei vari generi adesso in voga, perché li sconquassa tutti con la perizia di chi conosce bene la narrazione. Riesce a tenerci col fiato sospeso e non solo per l’atmosfera lynchiana di alcuni passaggi o per lo humor che ricorda Woody Allen, ma soprattutto perché restiamo avvinghiati alle vicende di quest’uomo che decide di porre fine alla sua vita, dopo averne accertato alcuni non-sense. Ma attenzione: questo non è nemmeno un libro sul suicidio, tant’è che appena Mike si butta dal quarto piano, si imbatte nella Vita – e non nella Morte – come sua interlocutrice privilegiata. Una figura particolare, che fuma, lancia occhiate poco cordiali, beve Margarita, prodiga sorrisi e ricorda con una malinconia struggente.

Un libro con punte esilaranti, divertente e interessante per tutti, ma utilissimo per chi non sa cogliere l’attimo, chi non sa gioire dei piccoli istanti di felicità, per chi si consuma morendo lentamente. Poi c’è qualcosa di imprevisto, dentro. Una contaminazione con le fiabe che assurge anche a osservazione sociologica, ma mai con fine didascalico. Ogni volta ci che entra dentro l’assurdo, è come se l’autore lo mettesse in riga con la logica dei suoi ragionamenti e la forza della dialettica socratica.

Non capisco come mai la genesi di questa storia, in ogni sua forma, sia stata tanto travagliata, come raccontato con simpatia nei ringraziamenti: per me questo libro è pieno di amore, di curiosità, di passione. È un inno alla vita da parte di chi ne accetta le intrinseche contraddizioni, la parte arcana, con la saggia rassegnazione che mai la afferreremo. Scoprirete che il Limbo è pieno di sorprese e che vi aspetta un finale del tutto imprevedibile.



Mentre leggevo pensavo alle parole di un autore purtroppo recentemente scomparso, parole che andrebbero scolpite in un tempio, così infatti Cormac Mc Carthy scrisse nel suo capolavoro “La strada”:

«La vita è una gran cosa anche quando sembra brutta, dovremmo apprezzarla di più, essere grati. Non so a chi, ma dovremmo essere grati per ciò che abbiamo».