Eugenia Roccella contestata al Salone del Libro: “L’obiezione di coscienza è un diritto”

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La ministra Eugenia Roccella contestata al Salone del Libro di Torino dai movimenti femministi e ambientalisti.

“Non voglio che sia portato via nessuno con la forza”. Le parole della ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella contestata al Salone del Libro di Torino risuonano nette mentre i poliziotti stavano già iniziando a trascinare via di peso le attiviste e gli attivisti di Non una di Meno, Extinction Rebellion e altri movimenti femministi e ambientalisti che si erano dati appuntamento al Salone del Libro di Torino per manifestare il loro dissenso nei confronti delle politiche di questo governo. Un aplomb che l’assessore regionale alle Politiche sociali Maurizio Marrone, Fratelli d’Italia, che aveva introdotto l’incontro, ha visibilmente digerito obtorto collo, avendo forse preferito un energico intervento delle forze dell’ordine contro i manifestanti. Ha avuto la meglio la ministra, che ha avuto anche buon gioco a ricordare i suoi trascorsi radicali: “Ho iniziato così la mia militanza politica, ricordo bene quando venivo trascinata via di peso durante manifestazioni non violente, non voglio che accada qui adesso”. La ministra ha invitato i manifestanti al dialogo, una delle attiviste ha dunque preso il microfono e letto un documento. “Vedo che non volete dialogare, ma solo fare proclami. E visto che avevate preparato il documento da leggere, contavate sul fatto che ve lo avrei fatto leggere”, chiosa Roccella.



Un dialogo però c’è stato, magari non nelle forme “ortodosse”. Un dialogo a tratti surreale: alle attiviste che urlavano “Nessuno Stato, nessun Dio, sul mio corpo decido io” e slogan contro l’obiezione di coscienza sull’aborto, la ministra – rigorosamente dietro il cordone di sicurezza della polizia – ha risposto che in Italia nessuno vuole toccare il diritto all’aborto, che però anche l’obiezione di coscienza è un diritto e che non è vero che essa rappresenti un ostacolo all’interruzione di gravidanza. A una nostra precisa domanda di chiarimento sul punto la ministra risponde: “Le relazioni del ministero della Salute, incluse quella del ministro Speranza, dicono che il carico di lavoro dei non obiettori è di un aborto a settimana. Quindi il problema non è la percentuale totale di aborti, ma il rapporto fra numero di aborti e numero di persone che lo fanno”. Ma dunque l’esperienza di donne che devono fare centinaia di chilometri per abortire è un’invenzione? Risposta: “Ma lei lo sa che in Italia ci sono più punti aborto [punti aborto??] che punti nascita? Non vi preoccupate delle donne che devono fare centinaia di chilometri per partorire?”. Osserviamo che le due cose non sono in contraddizione e che essendo al governo devono pensare loro a risolvere quello che, ammette la ministra, è un problema di organizzazione sanitaria. Chiediamo infine se considera l’aborto un tema di salute riproduttiva. La risposta della ministra è evasiva: “C’è una legge che viene rispettata. Io tra l’altro non sono il ministro alla Sanità né l’assessore alla Sanità e quindi che cosa volete da me?”.

Si può discutere molto sulle modalità della protesta, e la ministra ha avuto buon gioco naturalmente a stigmatizzare il fatto che non l’hanno lasciata parlare. Ma come sempre in questi casi il rischio è quello di indicare il dito e non la luna. Il fatto – la luna – è che questo governo taglia sulla sanità, non investe nella transizione ecologica e porta avanti una pericolosa ideologia di difesa della “famiglia tradizionale”, qualunque cosa questa espressione voglia dire. Che in questa cornice i movimenti femministi ed ecologisti – con tutte le loro contraddizioni interne e il loro limiti – abbiano deciso di convergere e protestare uniti, intrecciando la questione dei diritti delle donne con quella ecologica è una novità interessante. Se poi saranno anche capaci di uscire dal proprio recinto di autoreferenzialità e far diventare queste sacrosante battaglie delle lotte popolari nel senso più ampio e nobile del termine, evitando di prestare il fianco a facili attacchi, avranno forse anche una chance di successo.