“Femina”: una caccia alle donne scomparse del Medioevo

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«Le poche donne che vi ho presentato qui fanno parte di una maggioranza silenziosa, con molte altre voci che aspettano di essere ascoltate».

«In questo libro le donne combattono come guerriere coraggiose, sfatando fisicamente il tabù del “sesso debole”; governano con la potenza di re e imperatori; scrivono la propria narrazione e determinano la propria storia; eguagliano e talvolta superano i successi intellettuali degli uomini loro contemporanei, facendo scoperte eccezionali nei campi delle scienze e delle arti; gestiscono i portafogli, accumulando ricchezze inimmaginabili, e non di rado fanno tutto questo mentre svolgono i tradizionali compiti femminili».



Uscito per il Saggiatore con una traduzione di Roberta Zuppet, “Femina” racconta, come spiega il sottotitolo, la “Storia del Medioevo attraverso le donne che sono state cancellate”. L’autrice, Janina Ramirez, nata a Dubai nel 1980 e docente ad Oxford, dimostra, con una disamina di più di 500 pagine che si divorano, quanto le donne abbiano inciso nell’epoca erroneamente considerata buia ed oscurantista. Ed è importante valutare le fonti storiche secondo criteri più inclusivi, altrimenti, convincendoci che le donne siano state invisibili, siamo portati a legittimare il loro ruolo ancora svalutato perfino nelle società più moderne. Come? Attraverso lo sviluppo della storiografia che, negli ultimi anni, ha scoperchiato e approfondito fonti rimaste nascoste o trascurate fino a poco tempo fa, grazie anche agli sviluppi tecnologici, al DNA, al patrimonio funerario e alle nuove scoperte.

«A prescindere dal fatto che le voci femminili siano state dimenticate, ignorate o deliberatamente cancellate, è un miracolo che alcune siano sopravvissute».
Si tratta di regine impresse su raffinate monete, soldatesse le cui ossa sono state ritrovate assieme a un corredo funebre composto da armi, ricamatrici che erano delle vere e proprie artiste e avevano talento da vendere, perché composero orditi che erano delle kermesse storiche, come l’arazzo di Bayeux, una sequenza quasi filmica che ci svela il giallo della vera morte di re Aroldo.



Poi ci sono gli oggetti d’uso comune, come lo stampo vichingo in argilla utilizzato per la produzione di pendenti, prodotti in serie, che costituivano un primo esempio di fast fashion: su uno di essi, ad esempio, è impresso un guerriero vestito da donna, a riprova che la fluidità era già un concetto contemplato.
Non mancarono intellettuali, scienziate, reiette e figure eccezionali, imprenditrici e persino influencer. E mercantesse come Margery, della comunità di Lynn, che era ben consapevole quanto il suo andare controcorrente la mettesse al centro di critiche.  Donna energica, intelligente e determinata, ricevette dagli uomini un trattamento che oscillava tra devozione, odio, disprezzo e mansplaining. Un uomo in particolare le era ostile, e il motivo era che lei “non aveva voluto obbedirgli”.



L’hanno pagata cara, tante volte, queste donne, ma molte altre volte ce l’hanno fatta. Un libro prezioso, che pone le basi per un proseguimento d’indagine, perché, come spiegato nelle conclusioni: «Le poche donne che vi ho presentato qui fanno parte di una maggioranza silenziosa, con molte altre voci che aspettano di essere ascoltate».