Il Pantheon a pagamento non è una buona idea

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La novità del Pantheon a pagamento porterebbe introito ma sarebbe un triste precedente e simbolo di una sconfitta.

Nel 2019, anno precedente allo scoppio della pandemia e alla conseguente interruzione del turismo, nove milioni e trecentomila persone da tutto il mondo hanno varcato l’antico portone di bronzo del Pantheon, da sempre a ingresso libero e gratuito, che ha guadagnato così il primato tra i monumenti più visitati in Italia, superando persino il Parco archeologico del Colosseo con i suoi sette milioni e mezzo di turisti. Anche durante le ultime feste natalizie, questo sbalorditivo tempio fondato da Marco Vipsanio Agrippa, ricostruito da Adriano, trasformato in chiesa cristiana nel 609 e luogo di sepoltura di Raffaello Sanzio, è stato in cima alla lista dei siti più visitati del nostro Paese. In considerazione della sua popolarità e della sua importanza, da anni si parla di istituire un biglietto d’ingresso per i visitatori, mentre già da qualche tempo sono stati introdotti servizi di audioguida, mobile app e prenotazione obbligatoria degli ingressi il sabato, la domenica e i festivi, tutti affidati alla storica D’Uva s.r.l. insieme con l’accoglienza in situ. Già dal 2017, su proposta dell’allora ministro Dario Franceschini, un accordo sancito tra la Diocesi di Roma e il Ministero della Cultura prevede la futura introduzione di un biglietto d’ingresso di 2 euro per il Pantheon a pagamento, incontrando però il parere contrario di molti tra cui Luca Bergamo, allora vicesindaco e assessore alla cultura del Comune di Roma.



Ora, in continuità con il precedente titolare, il nuovo ministro della cultura Gennaro Sangiuliano ha deciso di dar corso a quell’accordo promettendo l’esenzione per i cittadini romani, gli europei fino a 18 anni, i disabili e i loro accompagnatori, le scolaresche, i docenti e le guide turistiche. Sulla questione, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri si è detto possibilista: “Ci stiamo riflettendo, potrebbe essere una scelta giusta. Se sono risorse utili per la città può essere un’idea da valutare”.

Poiché, dunque, l’ultima parola non è ancora detta, vale la pena di provare a suggerire alcuni aspetti che dovrebbero entrare nella valutazione del sindaco così come in quella del ministro prima di confermare una scelta definitiva. Anzitutto, a proposito della gratuità promessa ai romani, quest’ultimo criterio dovrebbe estendersi ai cittadini di tutti i comuni dell’area metropolitana di Roma, e non escludere le migliaia di persone che lavorano, studiano e recano il loro apporto alla vita della Capitale dai comuni della provincia e che, a causa di costi abitativi sproporzionati (e combattendo con un trasporto pubblico disastroso) sono esiliati oltre i confini del Grande Raccordo Anulare: su questo aspetto, si gioca anche un’idea di Roma e di cittadinanza democratica e realistica, che supera l’antiquata dicotomia centro/periferia coinvolgendo un territorio ben più ampio egualmente partecipe della stessa dinamica.



Inoltre, nonostante l’esiguità del costo del biglietto rispetto ad altri luoghi monumentali in Europa, la l’introduzione è una novità difficile da accettare serenamente in una città dove, anche in virtù della sua centralità nel mondo cristiano, tutte le chiese consacrate sono a ingresso gratuito, e che con i suoi templi di ogni epoca e culto, con i suoi monumenti, le sue fontane, piazze, strade, gli scorci inaspettati, nel suo insieme vanta la rara caratteristica di integrare vita quotidiana e bellezza in un sistema organico invidiato da tutti. Un museo diffuso, a cielo aperto, che per questa caratteristica ha affascinato e commosso visitatori di ogni tipo ed epoca, offrendo liberamente e generosamente la sua maestosità a chiunque.



E’ innegabile che, nel contesto di un turismo massiccio che logora il tessuto urbano e la sua vivibilità nell’ambito di un mercato in parte lasciato ai privati (ristorazione, ricezione, agenzie) e quindi, presumibilmente, inghiottito in certa misura da un’economia sommersa che non ripaga la città dei suoi grandi sforzi, un monumento pubblico così importante e intensamente frequentato debba ricevere cure e comporti costi di gestione. Tuttavia, ricorrere all’introduzione di un biglietto d’ingresso rappresenterebbe, in questo caso e per i motivi descritti sopra, un precedente molto triste e l’emblematica sconfitta di una politica di gestione dei beni culturali e del turismo che non trova soluzioni organiche e strutturali, e invece si limita a individuare alcuni centri d’attrazione e a sfruttarli intensamente, esasperando anziché alleviare l’estraneità della cittadinanza da luoghi simbolici che finiranno per non intessere più alcun rapporto con la dimensione civica, la coscienza e la vita quotidiana.