Eutanasia, Beppino Englaro dopo la bocciatura del referendum: “La nostra lotta continua”

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Il padre di Eluana a MicroMega: “Questa ennesima non decisione dimostra quanto caute e timorose siano le istituzioni italiane”.

La delusione, dopo la bocciatura del referendum sull’eutanasia, è un sentimento che non gli appartiene. Beppino Englaro, dopo la decisione della Corte costituzionale, non si ferma neanche per un minuto sul merito della decisione. “Il vero problema è culturale”. E chiama in causa direttamente la politica. “Questa ennesima non decisione di un organo dello Stato dimostra la crisi in cui versa l’Italia. Sono tutti cauti, timorosi di affrontare un simile tema, nessuno ha il coraggio di dare una risposta necessaria. Qui parliamo di libertà e diritti fondamentali costituzionali, ma siamo in un deserto”.



“La cosa che mi dispiace è l’ennesimo colpo che chi sta portando avanti una battaglia così importante ha dovuto subire”. Al tempo stesso, però, è sicuro di una cosa: “Nessuno arretrerà di un centimetro. La mole di firme raccolte dimostra che la società vuole sentirsi finalmente libera”. Ed è proprio la società a strappargli più di un sorriso: “Quando abbiamo iniziato la nostra battaglia per Eluana eravamo soli. Soli a rivendicare un diritto sacrosanto che mia figlia voleva esercitare, non noi genitori. Lei non aveva voce e quella voce gliel’abbiamo prestata. Oggi non è più così. La società civile ha preso in carico il tema, si è espressa in tutte le sedi possibili, con ogni tipo di manifestazione possibile. A non essere cresciuta, maturata, a essere rimasta ferma è solo la politica”.

La bocciatura del referendum sull’eutanasia non può non riportare Beppino Englaro a quegli anni: “Allora la nostra reazione, quando ci dissero che le possibilità che Eluana uscisse da quell’ospedale erano intorno allo zero, fu immediata, ovvia. Abbiamo dato la risposta più banale del mondo. La morte è stata fin da subito la nostra ultima speranza. L’ultima speranza di Eluana. Un’ultima speranza che le è stata negata”. I due “cani randagi che abbaiavano alla luna”, come descrive sé stesso e la moglie, sono ormai un branco di milioni di persone: “C’è un intero pezzo di società che oggi sta chiedendo il riconoscimento di un diritto vecchio come la Costituzione”.



Aule politiche, aule giudiziarie, i luoghi del potere e di quella che dovrebbe essere la rappresentanza sono però “evidentemente infastiditi” da questa crescita culturale. Forse anche “spaventati”. Questa sentenza – “e lo dico senza aver ancora letto, come tutti, le motivazioni – è solo l’ennesimo tentativo di cautelarsi e di rimpallare la questione a un Parlamento che non c’è. E non c’è da anni”. Per questo “come posso meravigliarmi per questa decisione?”. E, al tempo stesso, “come posso nutrire una qualche speranza nel Parlamento?”.

Timori? “Nessuno, la battaglia andrà avanti”. Speranze? “Uscire da questa crisi della rappresentanza” perché “la chiave è tutta lì. La società ha dimostrato di essere in grado di andare oltre”. La politica e le istituzioni no, mosse da un’unica forza: una sorta di autoconservazione pronta a spingersi fino all’accanimento contro dei cittadini “che non chiedono altro che vedersi riconosciuti i propri diritti costituzionali”.





Oggi come allora “non chiediamo niente e rispettiamo ogni posizione. Ci battiamo perché non venga messa in discussione la nostra coscienza”. Chi ha vissuto “quello che abbiamo vissuto noi non può più meravigliarsi della limitatezza del sistema”. Ma questo, sia chiaro, “non ci impedirà mai di dire bravi e grazie a chi sta portando avanti questa battaglia”. Una battaglia “contro l’arretratezza culturale, contro l’accanimento, e contro la vigliaccheria. Contro chi continua a complicare una cosa che assolutamente semplice”.

CREDIT FOTO: EPA/J.J. GUILLEN

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