Scardinare gli stereotipi fin dall’infanzia per crescere donne e uomini liberi

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Estratto da “Mio figlio è femminista. Crescere uomini disertori del patriarcato“ (Vanda Edizioni) di Monica Lanfranco

Nonostante sia stato pubblicato in prima edizione nel 1975, il libro di Elena Gianini Belotti Dalla parte delle bambine resta una pietra miliare, fonte di ispirazione e riflessione attualissima per capire come l’assenza di modelli dinamici e sganciati dagli stereotipi sessisti (la brava bambina e lo scalmanato bambino) sia letale per il libero accesso al mondo e ai propri desideri da parte sia dei maschi che delle femmine. C’è un assaggio importante di questo nel passo del libro di Gianini Belotti in cui si parla della piccola Sara, una bimba di quindici mesi che è un tornado di energia e spesso, per la sua irruenza e gioia di scoprire, viene definita “maschiaccio”. Alla fine della descrizione di questo essere ribollente di vita e prospettive desideranti, ecco la drammatica domanda: Belotti si chiede quale massiccia operazione di distruzione dovrà essere messa in campo per ridurre Sara dalla bimba curiosa e piena di vita alle sbiadite fattezze di moglie e madre, una donnetta, così la chiama Belotti, dedita solo alle ripetitive faccende di casa?



La stessa domanda può essere pensata rivolta verso un Giovanni, un bimbo meno attivo di Sara, più tranquillo, che magari al calcio preferisce la lettura, o è più tenero e calmo di alcuni suoi compagni: invece di considerarlo un bimbo sereno, molte persone potrebbero adombrare l’ipotesi che Giovanni abbia qualcosa che non va, magari persino che queste siano le avvisaglie del suo essere omosessuale. Tenero, calmo, riflessivo, empatico sono infatti aggettivi che fanno alzare il sopracciglio, se riferiti a un uomo, e si dubita della virilità di un ragazzo o di un uomo che abbia queste caratteristiche. Si tratta di stereotipi davvero pericolosi.

Come sostiene la decana del femminismo nordamericano Gloria Steinem: «Sono contenta che abbiamo iniziato a crescere le nostre figlie più simili ai nostri figli, ma non funzionerà mai finché non cresceremo i nostri figli più simili alle nostre figlie».



Se vogliamo contribuire a visioni della differenza sessuale più creative e solidali e creare una società equa, in cui sin dall’infanzia bambine e bambini possano costruire il loro futuro al di fuori degli schemi patriarcali, dobbiamo dare anche ai ragazzi più scelte. Questo perché i ruoli delle donne non possono espandersi se non lo fanno anche quelli degli uomini. Plaudiamo alla timida crescita di maestri all’asilo (in Italia gli uomini costituiscono solo lo 0,7 per cento dei maestri della scuola dell’infanzia e solo il 3,6 per cento dei maestri della scuola primaria, i dati sono del 2020), ma nella formazione scolastica, familiare e nel discorso pubblico di rado spingiamo i nostri figli verso le professioni che hanno a che fare con l’accudimento. Parlate, invece, ai vostri bambini con naturalezza del fatto che nel loro futuro ci potrà essere un lavoro come il maestro d’asilo, il sarto, il fioraio: normalizzare i mestieri che in molti ambienti e situazioni sono ancora considerati “femminili” contribuisce a introdurre elementi innovativi nella narrazione che, altrimenti, resta ancorata agli stereotipi sessisti. Nel caso poi che i vostri bambini o ragazzi desiderino intraprendere strade lavorative come quelle descritte, saranno già abituati a pensare il loro futuro senza imbarazzo, e saranno anche pronti a rispondere e ad affrontare in modo sereno le inevitabili banalità circa la “stranezza” delle loro scelte. Abilità come la cooperazione, l’empatia e la diligenza spesso sono considerate come caratteristiche femminili, ma sono sempre più apprezzate nel lavoro e nella scuola di oggi, e le mansioni che richiedono queste competenze sono quelle in più rapida crescita.

Nel suo libro Dovremmo essere tutti femministi, Chimamanda Ngozi Adichie, di origine nigeriana, dà istruzioni per crescere una figlia femminista e definisce femminista una persona che crede nella piena uguaglianza tra uomini e donne. Ma come possiamo crescere dei figli femministi, ovvero crescere dei figli gentili, sicuri di sé e liberi di inseguire i propri sogni senza modelli alternativi a quelli del patriarcato? Certamente è fondamentale offrire ai bambini e ai ragazzi forti modelli femminili. Non smettete mai, sin dalla più tenera età, di parlare ai vostri figli dei successi delle donne che conoscete e delle donne famose nello sport, nella politica, nei media, nella storia, nella cultura. I figli di madri single di solito hanno molto rispetto per i loro risultati, sostiene Tim King, fondatore della Urban Prep Academies per ragazzi afroamericani a basso reddito. King li incoraggia a vedere anche le altre donne in questo modo. In generale nel discorso pubblico è ancora dominante la narrazione che vuole i ragazzi eccellere nelle scienze e nella matematica, mentre le ragazze nel linguaggio e nella lettura.





Occhio, perché gli stereotipi possono diventare autoavveranti. Le madri parlano più con le figlie che con i figli maschi, e sono ancora pochi i padri che affrontano in modo puntuale e profondo con i propri bambini e ragazzi il discorso sulla sessualità e il corpo. Combattere lo stereotipo significa anche parlare molto con i ragazzi, leggendo loro e incoraggiandoli a leggere. Leggete testi, articoli e mostrate film, serie tv e trasmissioni con un’ampia varietà di persone e di storie che rompono gli schemi, non solo che trattano di ragazzi che salvano il mondo e di ragazze che devono essere salvate.



Quando un libro o un fatto di cronaca rientra in questo schema, parlatene apertamente: “Perché mamma Orsa indossa sempre una vestaglia e non esce quasi mai di casa? Perché la foto del telegiornale mostra tutti uomini e nessuna donna in quella occasione politica?”. Non aspettate: iniziate a fare questi discorsi, che sono nient’altro che un primo esercizio di pensiero critico, già dalla prima infanzia, approfittando delle favole tradizionali, che pullano di stereotipi e sono per questo molto utili a smascherarli. Se non aiutate i vostri figli a etichettarli come stereotipi, penseranno che le cose stanno così.