Aborto, in Germania abolito il divieto di “pubblicità”

Abolita la norma che impediva ai medici di diffondere informazioni sull'aborto. Ma continua a essere un reato.

Mentre negli Stati Uniti la storia in un solo giorno ha fatto un vertiginoso salto all’indietro di cinquant’anni cancellando la protezione costituzionale del diritto all’interruzione di gravidanza e aprendo così le porte a leggi superrestrittive (alcuni Stati avevano già pronte simili normative, le cosiddette cancellando la protezione costituzionale del diritto all’interruzione di gravidanza, in attesa di questa decisione), la Germania fa un timido ma significativo passo in avanti cancellando l’osceno comma “a” dell’articolo 219 del codice penale che vietava la “pubblicità” sull’aborto.



L’interruzione di gravidanza in Germania è regolata dagli articoli 218 e 219 del codice penale, inseriti nel titolo sui “reati contro la vita”. Il primo dei due articoli, dopo aver definito l’interruzione di gravidanza come un reato con pene fino a 5 anni, indica le condizioni alle quali il reato non è perseguibile, ossia quando l’interruzione avviene entro le 12 settimane e la donna ha ricevuto un certificato medico successivo a una consulenza obbligatoria. Questo comma della legge rende di fatto possibile l’interruzione di gravidanza in Germania, che però rimane un reato.

L’articolo successivo, il 219, al comma “a” vietava qualunque forma di pubblicità all’interruzione di gravidanza. Sotto questo divieto cadevano anche tutte le informazioni tecniche fornite da medici e cliniche che praticano l’interruzione di gravidanza e difatti questo articolo è stato usato in passato dalle associazioni antiabortiste per denunciare i medici che sui loro siti internet fornivano informazioni di questo genere, con un effetto intimidatorio che induceva diversi medici, pur non obiettori, a non rendere pubblico il servizio da loro offerto. “Che medici qualificati vengano perseguiti penalmente per la diffusione di informazioni scientificamente fondate in merito all’interruzione di gravidanza è assurdo, fuori dal tempo e ingiusto”, ha commentato il ministro della Giustizia Marco Buschmann, Fdp, nel giorno in cui questo comma è stato abolito. Una delle ginecologhe condannata in base a questo articolo e divenuta uno dei volti della campagna per la sua abolizione, Kristina Hänel, si è detta “felice che questo osceno comma, che ha causato così tante sofferenze e ingiustizie, appartenga finalmente alla storia”.



Se questo è sicuramente un passo in avanti per l’affermazione del diritto all’aborto in Germania, non è però quello decisivo. Rimane infatti in vigore l’articolo 218, quello che qualifica l’aborto come un reato, il che ha conseguenze importanti, a partire dal fatto che le tecniche di interruzione di gravidanza non vengono insegnate nelle università (non si possono infatti insegnare tecniche per commettere reati…), e la sua abolizione non è all’ordine del giorno, non essendo nel contratto di coalizione del governo “semaforo” a differenza di quella del comma “a” dell’articolo 219. Le associazioni per i diritti delle donne continuano dunque la loro battaglia, consapevoli che – come del resto ci insegna quello che sta accadendo negli Usa – i diritti non sono mai conquistati una volta per tutte. Meno che mai quelli delle donne.



Credit foto: manifestazione organizzata da Non una di meno, 27 novembre 2021, Roma. ANSA © Matteo Nardone/Pacific Press via ZUMA Press Wire