Quirinale, Moni Ovadia: “Che vinca Berlusconi, è ora di calare il sipario sull’Italia”

Categorie: Politica

L’attore e regista a MicroMega: “L’eventuale nomina di Draghi? Sarebbe ufficialmente la fine della democrazia parlamentare”.

In che momento arriva l’elezione del Presidente della Repubblica?
In un momento in cui la democrazia italiana è assolutamente in pericolo, in un momento in cui è difficile anche solo parlare di democrazia se per democrazia intendiamo una democrazia compiuta. In un momento in cui la politica è morta e i partiti sono ormai degli uffici di collocamento, che non svolgono più una funzione di servizio per i cittadini, il cui unico impegno è quello di assecondare gli interessi di qualche gruppo di potere economico. Il tutto con il solo obiettivo di essere confermati elettoralmente.
Un problema però non solo italiano. In tutto l’occidente, oggi, la politica conta pochissimo: viviamo sotto il dominio di un capitalismo oligarchico, governato da potentati economici. Ecco perché non sono minimamente interessato, come la gran parte dei cittadini, all’elezione del prossimo Presidente della Repubblica.



Silvio Berlusconi non la pensa però così. A lui questa elezione interessa – o interessava – eccome.
Aver lasciato che Berlusconi si candidasse, e qui mi rivolgo non solo al centrodestra ma all’intero Paese, è lo specchio di questa Italia. Anche solo immaginare che chi ha violato continuamente la Costituzione possa diventarne garante è inaccettabile. Ma la colpa è di chi ha consentito a un tycoon, al re dell’informazione, della pubblicità, delle assicurazioni, delle banche di diventare primo ministro. In una democrazia non sarebbe possibile. Evidentemente l’Italia da tempo non è più una democrazia.

L’anti-Berlusconi, in questo momento, si chiama Mario Draghi.
Stiamo consegnando l’Italia in mano a un dominus, a un protettore incontrastato, trasformando la nostra democrazia parlamentare in una democrazia – che democrazia non è – presidenziale. Il tutto in uno scenario raccapricciante, con una velocità impressionante e sfruttando una pandemia che è stata gestita in maniera che non si addice a una democrazia, consegnando la cosiddetta “via d’uscita” in mano alle multinazionali del farmaco.



L’uomo solo al comando: sembra che l’Italia non riesca a uscire da questa trappola.
Draghi sarà anche un economista competente, ma il dato di fatto è la sua appartenenza all’establishment dominante e il suo essere tutt’altro che una testa “politica” così brillante. Detto ciò, siamo alla solita storia: l’Italia sembra non volersi assumere le proprie responsabilità, non comprende che la democrazia è una possibilità eccezionale per una società di uomini, ma una possibilità difficile, che richiede impegno, in primis per gli elettori. Ora stiamo assistendo al tentativo di cortocircuitare la nostra democrazia consegnando tutto, ancora una volta, nelle mani dell’uomo della provvidenza. Ma il vero problema è un altro.

Quale?
Berlusconi non è una malattia, ma il sintomo di una malattia. Così come lo è Draghi. Il vero problema è l’immaturità degli elettori italiani: non abbiamo una forte coscienza democratica. E a questo punto sa cosa le dico?





Cosa?
Che tifo per Berlusconi, così chiudiamo il centro, caliamo il sipario, e mostreremo a tutti, in primis a noi stessi, che diavolo di Paese siamo. Specialisti nella retorica e nella falsa coscienza. Quante volte ci nascondiamo dietro l’Italia “grande Paese”? Ebbene, l’Italia non è un grande Paese, ma un piccolo Paese in cui ci sono pochi grandi italiani che onestamente, nuotando controcorrente, tengono in piedi tutto. Ma nelle sue strutture, l’Italia è davvero un piccolo Paese, un Paese “comatoso”, per citare Michael Moore.

Un Paese che potrebbe avere un banchiere nel ruolo di garante della Costituzione.
Cosa assolutamente imbarazzante. Ma anche questo è un sintomo della malattia che affligge l’Italia: per uscire da questa situazione servirebbero tante persone competenti, preparate, che abbiano a cuore il destino sociale del Paese, non solo quello economico. Siamo una Repubblica che anziché fondarsi sul lavoro è oggi fondata sull’impresa. Ma non sull’imprenditore come lavoratore, ma sull’imprenditore in quanto padrone. Siamo una Repubblica in cui la legge da cui dipendono tutte le altre leggi, la nostra Costituzione, è continuamente aggirata. In questo scenario, come si può garantire quanto previsto dall’articolo 13, l’uguaglianza?

Speranze? Nessuna?
Zero. Ma non solo per l’Italia, bensì per l’intera Europa. Guardiamo cosa è accaduto al Movimento 5 stelle, arrivato al governo del Paese per ribaltarlo – così dicevano – e che da Rodotà, probabilmente, passeranno col votare Draghi. O comunque qualcosa di simile. Hanno tradito aspettative, sono stati cooptati dal potere, progressivamente hanno ceduto su ogni battaglia. Ma evidentemente è così che vanno le cose.

(credit foto ANSA/ FABIO CAMPANA/ KLD)

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