Germania, Sentenza storica: membro dell’Isis condannato per crimini contro l’umanità

Il mese scorso la Corte di Giustizia Federale tedesca ha condannato a 14 anni di prigione un membro dell’Isis per crimini contro l’umanità, crimini di guerra e appartenenza a un’organizzazione terroristica straniera. In particolare, la sentenza fa riferimento alle violenze perpetrate all’interno della campagna genocidaria dell’Isis contro il popolo yazida. A dieci anni da quello che è stato riconosciuto come genocidio dalle Nazioni Unite, ancora non esiste una risposta legale unitaria della comunità internazionale.

Redazione

Jennifer W. oggi ha 32 anni e nel 2014 è partita per la Siria per arruolarsi nell’Isis. Insieme al suo marito dell’epoca – un cittadino iracheno di nome Taha A.-J. – hanno trattenuto una donna yazida insieme alla figlia di cinque anni – Reda – in condizioni di schiavitù nella loro abitazione a Fallujah, in Iraq,  pratiche considerate parte integrante della brutale campagna genocidaria dell’Isis a danno del popolo yazida. Allie prigioniere la coppia negava cibo sufficiente per sopravvivere, sono state obbligate a convertirsi all’islam ed erano soggette a violenze e pestaggi quotidiani. La bambina è morta dopo che il marito dell’imputata l’ha legata e appesa con dei cavi agli assi delle finestre, lasciandola sotto il sole cocente a temperature di circa 50 gradi. Nonostante Jennifer W. sarebbe potuta intervenire, non ha fatto nulla per salvare la vita della bambina. In aggiunta, la madre è stata costretta a guardare la figlia morire lentamente mentre rimaneva chiusa dentro casa a pochi metri da lei. Dopo che la Ong Yazda ha identificato e intervistato la madre, Jennifer W. è stata denunciata e portata a processo in Germania, con la giovane madre yazida come principale testimone, rappresentata da un team legale composto dagli avvocati tedeschi Natalie von Wistinghausen e Wolfgang Bendler e dalla penalista britannica Amal Clooney.
Jennifer W. è stata condannata a 14 anni di carcere nell’agosto del 2023. Il mese scorso il ricorso della difesa contro la sentenza è stata rifiutata in quanto “evidentemente infondata” e la decisione presa dalla Corte è adesso definitiva.
Amal Clooney ha dichiarato: “Il processo a danno di Jennifer W. è stato il primo a livello mondiale contro un membro dell’Isis per crimini contro l’umanità oltre a essere stato il primo processo ad aver condannato i crimini dell’Isis contro il popolo yazida. Questo caso, da considerare una pietra miliare, è stato possibile grazie al coraggio e la determinazione della mia cliente. E anche grazie ad altri sopravvissuti del popolo yazida che si sono fatti avanti, nei tribunali tedeschi ci sono altri 7 membri dell’Isis accusati di crimini di guerra contro  gli yazidi. Questi passi sono importantissimi. Ma 40 mila persone provenienti da ottanta paesi diversi si sono arruolati nell’Isis, e ci sono migliaia di vittime del genocidio che stanno ancora aspettando il momento in cui verrà fatta giustizia. È arrivato il momento che una Corte internazionale se ne faccia carico”.
Natalie von Wistinghausen che, insieme a Wolfgang Bendler ha rappresentato la vittima durante le udienze del processo a Monaco, ha aggiunto: “Quasi dieci anni dopo la morte di sua figlia e dopo aver subìto le indicibili sofferenze all’interno dell’abitazione dell’imputata e di suo marito a Fallujah, la nostra cliente ha finalmente avuto giustizia. Adesso può voltare pagina e concentrarsi sulla sua vita affianco al figlio, l’unico familiare ad essere sopravvissuto alla campagna genocidaria dell’Isis contro gli yazidi. Far pagare i responsabili per le loro azioni è solo una delle vie per raggiungere la pace, ma è un pezzo importante”.
Natia Navrouzov, la direttrice esecutiva di Yazda, anche lei rappresentata da Amal Clooney, ha commentato: “Ci sono voluti quasi cinque anni per portare a termine questo processo e siamo soddisfatti di come si è concluso. Questa prima sentenza a livello mondiale a danno di un membro dell’Isis per i crimini commessi contro gli yazidi ha una rilevanza storica oltre ad aver una forte importanza simbolica per la comunità. Tuttavia, avvicinandoci al decimo anniversario degli attacchi perpetrati dall’Isis contro gli yazidi e altri gruppi etnici, esprimiamo la nostra delusione nel constatare che le uniche vie che i sopravvissuti alle violenze dell’Isis hanno per ottenere giustizia siano solo azioni legali nazionali che si affidano alla determinazione e al duro lavoro di un piccolo gruppo tra sopravvissuti, lavoratori di Ong, avvocati e  investigatori. A distanza di dieci anni non esiste ancora una risposta complessiva e globale ai crimini commessi da una delle più violente organizzazioni terroristiche dell’epoca moderna; inoltre, l’unica speranza per una reale giustizia, rappresentata dagli sforzi nel raccogliere le prove da parte della comunità internazionale, tramite un’unità investigativa dell’Onu – l’Unitad –  è finita nel nulla, senza fornire alcuna reale prospettiva sui prossimi passi da compiere e su come dar seguito alle prove raccolte”.
Nadia Murad, donna yazida e vincitrice del premio Nobel per la pace, anche lei sopravvissuta alla schiavitù e alle torture per mano dell’Isis, ha commentato: “Ogni condanna contro un membro dell’Isis dà un rinnovato senso di speranza a coloro che sono sopravvissuti alle loro atrocità, mostrandoci che la giustizia è possibile. Allo scoccare del decimo anniversario del genocidio del popolo yazida, sollecito la comunità internazionale e gli Stati membri dell’Onu a creare un tribunale internazionale capace di portare avanti questi processi su larga scala”.
Il genocidio degli yazidi
Dall’agosto del 2014, il popolo yazida in Iraq e Siria è stato perseguitato dall’Isis attraverso una campagna di esecuzioni, schiavitù, violenza sessuale e arruolamento forzato di bambini soldato, oltre allo sfollamento forzato di circa 400 mila yazidi dalle loro case in Iraq. Quasi dieci anni dopo questi avvenimenti, migliaia di donne e bambini yazidi che erano stati rapiti o ridotti in schiavitù dall’Isis, sono ancora dispersi. Questi crimini sono stati riconosciuti dalle Nazioni Unite, da istituzioni nazionali e internazionali e, di recente, dai tribunali tedeschi, come parte di un progetto genocidario.
CREDITI FOTO: ASSOCIATED PRESS (AP)



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