Charlie Hebdo: no al reato di blasfemia

In reazione ad alcune proteste nelle quali sono state bruciate copie del Corano, il governo danese vuole reintrodurre il reato di blasfemia. Il giornale satirico francese vittima di un attentato islamista nel 2015 lancia un appello contro questo ritorno al passato.

Charlie Hebdo

Il primo settembre il governo danese ha presentato al parlamento un progetto di legge col fine di «interdire il trattamento inappropriato di oggetti dal significato religioso importante per una comunità religiosa».
Se viene approvata questa legge, verrà di fatto reintrodotto il reato di blasfemia, abrogato nel 2017. Si prevede di includere questo nuovo testo nel capitolo 12 del Codice penale, che tratta della sicurezza nazionale.
Il governo danese spera in tal modo di metter fine alle tensioni seguite ai roghi pubblici del Corano verificatisi nelle ultime settimane a Copenaghen e a Stoccolma, in Svezia.
Si tratta di una decisione particolarmente grave perché legittima la nozione di blasfemia e apre la porta a tutte le forme di censura, in contrasto con tutto ciò per cui intellettuali, artisti e politici si sono battuti in Europa per due secoli, ovvero liberare la vita pubblica dalla tutela delle religioni e dei loro dogmi per consentire a tutti di esercitare la propria libertà di coscienza e di espressione.

Peter Hummelgaard, ministro della Giustizia danese, ha definito bruciare il Corano “un atto fondamentalmente sprezzante e antipatico”. Questo giudizio basato su criteri tanto soggettivi (“sprezzante” e “antipatico”) apre la porta ad ogni censura.
Quale sarà la prossima legge approvata dal governo danese quando domani altri gruppi di individui chiederanno che cessino le opinioni che ritengono “sprezzanti e antipatiche”?
Questa legge determinata da alcuni fatti contingenti ha in realtà lo scopo di evitare la domanda fondamentale posta da questi autodafé: perché alcuni individui sentono il bisogno di bruciare pubblicamente un libro religioso come il Corano?
Il governo danese, vigliaccamente, finge di non capire il significato di queste azioni.
Dietro queste azioni ci possono essere delle ragioni sbagliate, ma ci possono anche essere per buone ragioni: per esempio, protestare contro regimi totalitari, come quello in Iran o in Afghanistan, che usano questo libro religioso per terrorizzare un intero popolo e reprimere i loro oppositori. Le donne iraniane che rifiutano il velo sono blasfeme. Le afghane sono perseguitate dai talebani quando vogliono andare a scuola.

Adottando questa legge, il governo danese diventa complice di questi regimi tirannici e assassini, il cui potere si basa interamente sulla totale sottomissione al Corano.
Adottando questa legge, il governo danese diventa alleato e servitore del regime iraniano e di quello talebano.
In democrazia, l’unico potere legittimo è quello del popolo. In democrazia, tutte le forme di potere possono essere contestate, derise e ridicolizzate nel dibattito pubblico.
Con questa legge, il governo danese accetta di condividere la sua legittimità con Dio e i suoi autoproclamati rappresentanti. Con questa legge, sono le fondamenta stesse delle nostre democrazie moderne ad essere rimesse in discussione.

Primi firmatari
Charlie Hebdo (Fr), Nettavisen (No), Subjekt (No), Lofot-tidende (No), Document (No), Universitetsavisa (No), Hamar Arbeiderblad (No), Rogalands Avis (No), Shuddhashar FreeVoice (No), Dagen (No).

 L’appello è stato inoltre pubblicato da:
Weekendavisen (DK), Berlingske (DK), Altinget Norway, Altinget Sweden, Altinget Denmark, Grimstad Adressetidende (No), Politiken (DK), NRK (No), MicroMega (It)
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CREDITI FOTO: Flickr | Formosa Wandering (marcia per la repubblica francese, Parigi, 2015)



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